VOGLIAMO UN VERO STARTUP ACT ITALIANO

 

Talenti, abilitatori, capitale di rischio, sono i tre elementi che, messi in connessione in un ambiente denso e favorevole all’impresa, vanno a costituire quello che viene chiamato alternativamente “Ecosistema Startup” o Filiera del Venture Business: uno schema circolare che cerca ripetutamente di costruire velocemente ed intorno ad un prodotto, servizio, o processo innovativo delle nuove aziende globali.

Uno schema che ovunque – perfino nelle emergenti capitali di paesi del sud del mondo – sta creando e distribuendo valore generando posti di lavoro di qualità, remunerando risparmi e capitali, portando risorse alla ricerca, migliorando le vite delle persone, e favorendo l’accesso all’ascensore sociale.

Pur se sarebbe bene se tutte le imprese italiane godessero di condizioni migliorative, è evidente che le condizioni di bilancio dello Stato non possano offrire minori oneri generalizzati se non in un lento percorso pluriennale. Per questo noi chiediamo ADESSO un “set di regole” semplificato ed incentivante verso le nascenti imprese a forte vocazione innovativa, un investimento del paese sul rendere la corsa più agevole ad un contenuto numero di imprese che dimostrino fin dalla costituzione di essere in grado di attirare capitale di rischio e quindi abbiano delle probabilità di diventare delle nuove grandi imprese, le multinazionali italiane dei prossimi decenni. Chiediamo che chi decide di restare in Italia per “provarci”, possa farlo trovando condizioni non peggiorative che spostandosi in altri paesi vicini. Chiediamo un investimento in competitività nello sviluppo industriale di innovazione.

La filiera del Venture Business italiana, nata tra il 2008 ed il 2011 e regolata nel 2012, è ancora oggi frenata da numerosi fattori ambientali e culturali, generalmente accomunabili in un “disallineamento” tra il sistema e le metodologie che si sono diffuse nel paese e quelle internazionali. Le startup italiane spesso non sono “startup” come intese all’estero. Gli operatori intermedi vendono consulenza o perseguono business collaterali e non trasparenti anziché apportare valore. Gli investitori diluiscono troppo gli imprenditori. Gli oneri e la burocrazia uccidono le startup che non espatriano, o le trasformano in pmi. I territori e la politica, non potendosi confrontare con un modello di riferimento comune, non comprendono cosa dovrebbero fare e perché, e quindi agiscono a casaccio.

E’ necessario rivedere in maniera olistica tutto il sistema che si è sviluppato, identificandone trasversalmente le diverse tipologie di attori e processi, e allinearlo alle pratiche internazionali, rimuovendo ostacoli e colli di bottiglia normativi, aggiungendo incentivi. Crediamo che così si potrà arrivare ad innescare quel ciclo virtuoso e circolare che altrove consente di valorizzare talento e imprenditorialità, alimentare la ricerca, creare posti di lavoro, remunerare investimenti.

Per fare ciò, abbiamo steso 10 RICHIESTE, intese come 10 capitoli di uno Startup Act italiano, un documento inclusivo e aperto al contributo di quegli attori dell’ecosistema motivati a collaborare. Un working document che abbiamo iniziato a strutturare, che mette a fuoco la filiera del venture business e riscrive le norme che oggi frenano la nascita e la crescita di nuove imprese globali italiane, mortificando le potenzialità e le forze creative e dell’innovazione del paese.

 

CHIEDIAMO:

1. Un Codice Etico e di Responsabilità Sociale per la filiera del Venture Business

La filiera del Venture Business, o ecosistema startup, è un sistema basato sulla fiducia. Per evitare di scrivere troppe norme stringenti ed ingessanti, è necessario definire modelli di riferimento etici che incoraggino l’evoluzione verso un livello qualitativo superiore, arrestando il diffondersi di modelli speculativi o non orientati alla creazione di valore.

2. Incentivazione della Ricerca verso l’Imprenditorialità

In Italia meno del 5% delle startup provengono dalla ricerca. Negli ecosistemi maturi sono oltre il 50%. La retorica sul bisogno di collegare ricerca e impresa si supera rimuovendo ostacoli e divieti, oltre che promuovendo cambiamenti culturali.

3. Attrazione internazionale di talenti ed investimenti

Gli ecosistemi startup di successo si basano su contaminazioni e relazioni internazionali. L’Italia non può essere un sistema autarchico: deve accogliere talenti ed investimenti provenienti dalle direttrici su cui già basa le proprie relazioni internazionali e crearne di nuove.

4. Incremento della liquidità nella filiera del Venture Business

Non è più il tempo delle piccole e progressive misure di incoraggiamento: è urgente incentivare i gestori della ricchezza del paese ed i risparmiatori a fare propri i modelli di investimento basati su capitale di rischio. La liquidità del sistema deve fare un salto dimensionale di almeno 20 volte rispetto all’attuale.

5. Semplificazioni per gli investitori e progressività della vigilanza

E’ necessario introdurre un principio di progressività negli oneri e nella compliance richiesti ai gestori di veicoli di investimento, in relazione alla massa gestita. Non servono solo più soldi, ma anche molti più investitori professionali di vario taglio e con approcci differenziati. Meno burocrazia per il sistema, o i veicoli di investimento operanti in Italia finiranno per costituirsi tutti all’estero.6. 

6. Riordino delle definizioni delle imprese

Startup innovative, pmi innovative, startup per la terminologia internazionale… un riordino tassonomico è fondamentale per definire le missioni dei soggetti imprenditoriali. Riallinearci con il linguaggio dei mercati internazionali è la condizione di base per identificare quelle imprese ad alto potenziale che siano le multinazionali italiane di domani. Le norme devono essere scritte per generare unicorni, non micro agenzie.

7. Nuovi incentivi e semplificazioni per le imprese 

Le misure introdotte fino ad oggi non bastano. E’ necessario rimuovere burocrazia e costi inaccettabili in capo alle imprese finchè queste sono nascenti o ancora nel tentativo di trovare una formulazione di successo. Non si strozza il bambino in culla.

8. Riordino degli Incubatori Certificati in Operatori Intermedi Certificati 

Gli incubatori rappresentano solo una delle diverse tipologie di operatori intermedi: raggrupparli in una sola definizione produce distorsioni e disallineamento con il mercato. E’ necessario segmentare questi operatori secondo criteri coerenti con gli standard internazionali, incentivarli in modo diverso, confrontrarli secondo metriche differenti.

9. Semplificazioni urbanistiche per Startup ed Operatori Intermedi Certificati

Le community degli innovatori possono essere degli eccezionali driver di trasformazione urbana, innovando anche i vetusti schemi delle destinazioni urbanistiche con strutture ibride che il nostro ordinamento non prevede: come già avviene oggi per le sedi di associazioni di promozione sociale, è necessario liberare l’energia creativa della sperimentazione di nuovi formati di spazio dalle gabbie della burocrazia.

10. Incentivi per Open Innovation ed Exit

Le grandi aziende italiane devono essere educate ad investire ed acquisire innovazione disruptive, favorendo le exit nel paese, e chiudendo il cerchio della circolarità di un ecosistema startup sano. E’ un passaggio imprescindibile affinchè il valore generato rimanga radicato nel paese.

 

10 RICHIESTE

Firma anche tu:

 

Le 10 RICHIESTE sono la sintesi di un working document molto articolato al quale i firmatari sono invitati a collaborare ed al quale è possibile accedere registrandosi.

 

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